Chi ha ucciso gli Estermann e Tornay?


Laura Sgrò in Sangue in Vaticano, edito da Rizzoli nel 2022, ricostruisce le indagini che gli inquirenti del Vaticano hanno compiuto per accertare come si svolsero i fatti che portarono il 4 maggio 1998 alla morte dei coniugi Estermann e del vicecaporale Tornay.

Già dopo poche ore dal ritrovamento dei cadaveri, Joaquín Navarro-Valls, all’epoca a capo della Sala stampa della Santa Sede, affermò che Cédric Tornay aveva ucciso il neo-comandante delle Guardie Svizzere Alois Estermann e la moglie di lui Gladys Meza Romero per dissapori con il suo comandante.

Un atto di follia del vicecaporale che, dopo il duplice omicidio, si sarebbe suicidato.

A tale conclusione giunsero anche le indagini nei giorni seguenti e il caso fu, poi, chiuso, mantenendo inalterata la prima versione dei fatti.


L’avvocato Sgrò - attuale legale di Muguette Baudat, madre di Tornay - ha potuto prendere visione del fascicolo relativo alle indagini e ha, nel suo saggio, evidenziato come esse si siano svolte in modo a dir poco frettoloso e approssimativo.

Le prove sono state inquinate; così come l’intera scena del crimine.

Non sono state seguite altre “piste” se non quella che portava all’omicidio-suicidio di cui si è detto.

Non ci si è neppure presa la briga di sapere come hanno trascorso le loro ultime ore di vita i coniugi Estermann e, questa, è una mancanza che stupisce, anche alla luce delle rivelazioni giornalistiche che, a ridosso dei fatti, indicarono in Alois Estermann una spia della Stasi.


Eppure, sottolinea la Sgrò, se si fossero messe in fila alcune evidenze, la scena del crimine avrebbe potuto raccontare una storia, forse, assai diversa.

Ad esempio, la Sgrò fa notare che entrambi i cinturini degli orologi dei due uomini risultano rotti.

Se - come vuole il Vaticano - sulla scena del crimine non vi sono segni di colluttazione, chi ha rotto quei cinturini?

«E come mai la macchina <di Tornay> sarebbe stata spostata dal Cortile dell’Olmo al Belvedere? Tenendo conto che Cédric, a quanto si dice, in quei momenti, era impegnato ad ammazzare due persone e a suicidarsi, come avrebbe avuto il tempo di andare a spostare l’auto?». 

E le chiavi dell’auto che fine hanno fatto? Come mai non sono state ritrovate?

E perché «Nessuno, tra prelati, civili e militari, dichiarerà mai di aver sentito intorno alle ore 21 del 4 maggio 1998 colpi di arma da fuoco all’interno delle mura vaticane, e chi ha sentito qualcosa dirà che si trattava di “rumori” non identificati o di “tonfi” o di lavori in corso, o semplicemente di non aver dato peso alla cosa.»?

Come già aveva fatto notare a ridosso dei fatti Fabrizio Roncone su «l’Unità», «Cinque colpi esplosi con una pistola da guerra – la Sig Sauer calibro 9 usata da Tornay – provocano cinque tuoni.» e non dei semplici “tonfi”.


La Sgrò, nel suo saggio, illustra approfonditamente le indagini vaticane, ma, ad ogni buon conto, pur limitandosi ai pochi rilievi qui ricordati a mo’ di esempio, salta agli occhi come, decisamente, qualcosa non torni nella versione fornita dal Vaticano.


L’impressione che si ricava dalla lettura del saggio della Sgrò, è che la versione ufficiale dei fatti non possa essere messa in discussione da nessuno.

Essa - chissà mai perché - va mantenuta inalterata, anche a costo di far torto alla verità dei fatti.


Resta il dubbio in chi legge che si debba ancora trovare chi effettivamente abbia ucciso i coniugi Estermann e “suicidato” - obbligandolo a mettersi la pistola in bocca - Cédric Tornay.


Un saggio, quello della Sgrò, di cui si consiglia un’attenta lettura.


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